Aste ok, Formisano: “Costretti a dare 2mila euro ad Aprile per consegnarli alla Forte”

Avellino

Aste ok, nella giornata di oggi, presso il Tribunale di Avellino, in composizione collegiale presieduta dal presidente Dott. Roberto Melone, a latere Gilda Zarrella (oggi sostituita dal giudice Ciccone NdR) e Vincenza Cozzino, è ripreso il processo nato dall’inchiesta del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Avellino e il Nucleo Pef delle Fiamme Gialle di Napoli che hanno indagato su questo nuovo filone d’illeciti che vede protagonista il Clan Partenio.

L’udienza si è aperta con un minuto di silenzio per l’avvocato Vincenzo Siniscalchi, ex parlamentare, ex membro del Csm, morto a 92 anni. Poi è ripreso il controesame dell’imputato Gianluca Formisano.

Il primo a porre domande è stato l’avvocato Roberto Saccomanno, difensore di Livia Forte. “Quando mi recai a casa della signora Cerullo, su sua chiamata, fui ingannato. Avevo l’impressione che l’incontro fosse finalizzato a discutere di futuri sopralluoghi, ma in realtà si rivelò essere un inganno, poiché il vero motivo era l’accusa della signora Cerullo nei confronti di Armando Aprile, riguardante la presunta sottrazione di 15mila euro. Dopo l’incidente dello schiaffo, la signora Cerullo fu condotta in cucina da Livia Forte, mentre Nicola Galdieri continuava ad accusarla, definendola una bugiarda.

Le sue accuse rivolte ad Armando Aprile furono smentite e Galdieri le disse che era lei ad essere interessata a partecipare alle aste. Inizialmente negò, ma poi rispose: ‘Qual è il problema?’. Galdieri replicò che, se si fossero trovati alla stessa asta, lui avrebbe rilanciato senza esitazione fino ad aggiudicarsi l’immobile. In seguito, poi, Galdieri disse che, se avessi voluto partecipare alle aste, se avessi avuto delle necessità, mi sarei dovuto rivolgere a Livia Forte”.

Successivamente, è intervenuto l’avvocato Caterina Migliaccio, difensore dell’imputato Barone. Durante il controesame, l’attenzione della penalista si è concentrata principalmente sulla società “Arca di Noè”, di cui erano soci Gianluca Formisano e Antonio Barone.  In aula, l’imputato ha delineato la gerarchia aziendale e i ruoli assunti dai soci.

In seguito, è stato l’avvocato Alberico Villani a sottoporre l’imputato a un controesame. Il penalista ha esaminato alcune intercettazioni relative a Formisano, approfondendo conversazioni che riguardavano la posizione del suo assistito, Armando Aprile.  “Barone ha sempre sostenuto che Aprile, nel campo delle aste, fosse molto competente e esperto. Abbiamo avuto contatti con lui fino alla fine del 2019 o all’inizio del 2020. Aprile e Livia Forte volevano coinvolgerci in alcune aste a Baiano e Solofra, ma abbiamo deciso di non partecipare. Livia Forte non ha reagito positivamente a questa nostra decisione. Aprile, in quell’occasione, ha cercato di calmare la situazione”.

Le ultime domande sono state poste dall’avvocato Gerardo Santamaria, difensore di Damiano Genovese. Ha chiesto a Formisano se conoscesse il suo assistito. L’imputato ha risposto con sicurezza: “No, non lo conosco. Non l’ho mai incontrato e ho appreso della sua identità solo durante questo processo”.

La chiusura del controesame è stata affidata al Pubblico Ministero, Henry John Woodcock, che ha mosso numerose contestazioni all’imputato, soprattutto riguardo al suo presunto “disinteresse per il mondo delle aste”. Il PM ha enfatizzato in aula: “Come può sostenere di non essere interessato alle aste? Disponiamo di una vasta documentazione che dimostra il contrario”.

Formisano ha ribadito quanto già dichiarato in precedenza: “Nicola Galdieri ha affermato che solo sua sorella Livia Forte doveva occuparsi delle aste ad Avellino. Ha persino detto che io, in quanto ingegnere, dovevo concentrarmi solo sul mio lavoro. Ho chiesto scusa e ho specificato che, se avessimo avuto interesse, io e Barone, ci saremmo rivolti prima a sua sorella Livia Forte”. Nel proseguo del controesame, le risposte fornite da Formisano non hanno affatto soddisfatto il Pubblico Ministero, che ha duramente rimproverato l’imputato affermando: “Nelle ultime udienze ha dichiarato quattro versioni diverse”.

Successivamente è iniziato l’esame di Antonio Barone. Al centro delle domande del Pubblico Ministero c’era la società “Arca di Noè”, di cui erano soci Gianluca Formisano e lo stesso Antonio Barone, quest’ultimo rappresentato nella società dalla moglie. Barone ha dichiarato: “Ho conosciuto Formisano nel 2013 per motivi professionali e il nostro rapporto è iniziato in quel momento. Abbiamo deciso di entrare nel settore delle aste immobiliari prima del 2019. L’Arca di Noè si occupava dell’inserimento lavorativo di persone disabili, dell’accoglienza e dell’integrazione di richiedenti asilo e rifugiati”.

Le domande del Pubblico Ministero hanno riguardato diverse aste immobiliari oggetto d’indagine. “Io non ho mai parlato di Galdieri con Formisano. Non li ho mai conosciuti. Ho svolto la mia funzione di avvocato in diverse procedure immobiliari e non ne ho mai sentito parlare dei Galdieri. Per Arca di Noè, mi sono definito ‘factotum’, poiché possedevo grande esperienza sull’argomento”.

“Abbiamo dato 2.000 euro ad Aprile Armando affinché li consegnasse a Forte Livia. Fummo costretti perché lei deteneva l’assegno della caparra per l’asta Lettieri”. Sulla domanda del PM, Barone ha risposto: “Avrei voluto denunciarla, ma i rischi finanziari che correvamo erano enormi”.

La prossima udienza, adesso, è attesa per il 21 febbraio 2024.

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