Castagnozzi: “Pd sempre più distante dalla realtà”

Castagnozzi: “Pd sempre più distante dalla realtà”

“Come in un’azienda dove alla prova finale del bilancio prevale un pesante saldo negativo così in un partito politico che alla verifica elettorale, al responso dell’urna, non raccoglie nemmeno le briciole dall’elettorato, la reazione immediata è, e doveva essere quella di una presa di coscienza obiettiva, oggettiva. La classe dirigente che fin qui ha gestito le sorti del partito non è stata in grado di captare la volontà e le aspettative dell’elettore”. E’ quanto afferma Lello Castagnozzi, componente dell’assemblea provinciale del Partito Democratico e responsabile Informazione e Cultura del Pd di Ariano Irpino. “Questa è l’unica, assoluta verità che emerge dai mediocri risultati testimoni di un solo dato: il popolo degli elettori non ci vuole, non gradisce la nostra politica, non c’è stato nessun messaggio. A tutte queste affermazioni è possibile dare, da parte dei dirigenti, una ed una sola risposta: rimettere i mandati e tornare a casa. Tutta la pseudo classe dirigente di via Tagliamento deve, il più in fretta possibile, prendere armi e bagagli e cambiare “mestiere”. La tentazione è quella di togliere le virgolette perché, per molta parte di quella classe dirigente, la politica è solo un mestiere e, come tale, svolta da mestieranti, con comportamenti che nulla hanno a che spartire con i valori veri della politica, della nostra storia, della nostra provenienza. Dopo il disastro delle provinciali e quello recentissimo delle regionali, l’olezzo delle analisi politiche post mortem ha continuato ad appestare le stanze dei bottoni senza che nessuno dei diretti responsabili facesse l’unica cosa sensata da fare in questi casi: aprire le finestre e fare entrare aria nuova. Invece hanno continuato imperterriti a cercare una soluzione fra loro. Coinvolgiamo qualcuno che fino ad oggi ha fatto finta di stare dietro la porta, si sono detti. E, quelli che stavano sull’uscio, non aspettavano altro, per entrare e, alla prima occasione, prenderne il posto. Tutto qui. I giorni successivi alla “domenica (e al lunedì) delle salme” abbiamo sfogliato i giornali locali colmi di cifre, analisi, spostamenti, interpretazioni e manovre. Sembrava di trovarsi a Waterloo e di ascoltare tanti novelli Duchi di Wellington, in piedi davanti al plastico del villaggio di Mont Saint-Jean, pronti a indicare il punto preciso in cui la cavalleria di Napoleone si era impantanata. Sono abilissimi, questi dirigenti, nel raccontare frottole politiche non solo ai cittadini ma anche a se stessi. Raccontarono frottole sulle elezioni provinciali quando quella sconfitta era un morte annunciata, tutti sapevano che la De Simone non godeva di “grande stima”, fra le popolazioni dell’Arianese ma la si candidò ad ogni costo a e a dispetto di tutte le previsioni, risultate poi esatte, che la davano per sconfitta. Ma la De Simone è un pezzo da novanta, vinse le primarie, muovendo abilmente le sue truppe cammellate sul territorio della provincia e il partito democratico prese un sonoro schiaffone dall’elettorato a cui bruciava, e brucia ancora oggi, la vicenda dolorosa della discarica di Difesa Grande e le dichiarazioni ambigue dell’ex onorevole e ex presidente della provincia e forse, fra poco, anche ex capogruppo provinciale per il PD: viste le numerose defezioni di consiglieri Democratici dal parlamentino di Avellino rischia di fare il generale senza truppe. In attesa delle regionali il PD provinciale non ha nulla di meglio da fare che non fare assolutamente niente. Non fa ammenda di quello che è successo un anno prima. Si dilania ferocemente in lotte intestine, si squassa intorno a congressi farseschi e kafkiani. Si pensa solo alle maggioranze, a come raggiungerle, a come ottenere le migliori alleanze al solo scopo di inchiodarsi ai posti più comodi per avere migliore visibilità, per spiccare il volo verso nuovi mandati e gestire le candidature regionali non per contribuire alla conquista di Palazzo Santa Lucia e per realizzare il programma già un po’ più coinvolgente di Vincenzo De Luca, ma solamente per garantire un posto ai tanti notabili avellinesi per premevano e fremevano a frotte davanti a via Tagliamento. Era troppo chiedere di allargare la base dei consensi ad aree che rappresentano da tutti i punti di vista la periferia dell’impero? Era troppo chiedere a coloro che rappresentano le istituzione di spostare l’asse dei loro ragionamenti da una base prettamente personalistica verso i problemi della gente? Era troppo affrontare con piglio squisitamente politico le incognite che rendono queste popolazioni schiave di scelte prive di qualsiasi ragionamento politico ma animate solo dal disperato bisogno di arrivare al giorno dopo? Era troppo chiedere di affrontare la politica nella nostra provincia connotandola, orientandola e colmandola del dato più carente del rapporto fra il nostro partito e la popolazione: quello culturale. Tutto il tempo perduto, e non v’è malinconia Proustiana in questa affermazione, ma solo rabbia per l’occasione mancata, poteva essere impiegato per sforzarsi di capire il linguaggio che le donne, i giovani, gli operai, i lavoratori parlano e cercare di trovare in esso la sintesi per le risposte. Siamo distanti dai linguaggi della gente, dai loro bisogni, non ci rendiamo minimamente conto dell’inferno che le famiglie stanno vivendo in questi anni terribili. Il partito democratico ha bisogno di trovare nuovi elementi di proposta, deve sforzarsi di stare in mezzo alla gente, di cessare quell’ignobile rito masturbatorio intellettivo che si ripete ciclicamente nei circoli o nelle sedi correntizie. La paginetta da leggere e commentare da quattro intellettualoidi in cerca d’autore con il compitino di riassunto delle news politiche della settimana benedetto con un cenno della testa, a mo di assenso, dal capobastone di turno, seduto come un Cristo ultimocenante al centro e sullo scranno più alto. Il perpetrarsi di queste consuetudini aprogettuali e metafische sono la dimostrazione che le distanze tra il paese reale e il partito divergono sempre più. Adesso si ricomincia con i congressi di circolo, spero che le vicende delle ultime elezioni regionali, dell’atteggiamento di tanti sindaci del PD (lo sono ancora? lo erano durante la campagna elettorale?), della inconfutabile certezza che non esiste una segreteria provinciale, possano spingere gli iscritti, i militanti i simpatizzanti del Partito Democratico verso una forte presa di coscienza affinché possa realizzarsi un rinnovamento vero e totale con la certezza che chiunque dovesse prendere il posto degli attuali dirigenti non potrà assolutamente fare peggio”.

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