ACP,Fierro: Corte Costituzionale conferma che siamo nel giusto

ACP,Fierro: Corte Costituzionale conferma che siamo nel giusto

Con una pronunzia straordinariamente tempestiva rispetto alla annosa querelle tra ACS ed ACP (che sarà oggetto lunedì prossimo dell’Assemblea dell’ACS), introduce uno squarcio di luce la Corte Costituzionale. La Corte era chiamata a stabilire se per beni acquedottistici di proprietà di enti locali e già affidati in concessione all’atto dell’entrata in vigore dell’art. 153 del d.lgs. n. 152 del 2006 sia o meno dovuto il canone. Infatti detto articolo ne aveva stabilito la gratuità per i beni di proprietà degli enti locali ingenerando equivoci anche in riferimento a società patrimoniali come l’ACS. La ordinanza 23/4/2010 n. 144 allegata, ribadendo quanto già contenuto nella sentenza n. 246 del 2009, punto 16.2.5. del “Considerato in diritto”, ha sancito in maniera inequivocabile che tale articolo non è applicabile alle gestioni già in corso al momento della sua entrata in vigore e che pertanto il canone di concessione è dovuto (come nel nostro caso) persino quando i beni siano di proprietà di enti locali. A maggior ragione il canone resta dovuto quando i beni siano di proprietà di una società per azioni, come l’ACP o di altro ente come la Regione. “Si conferma come fossimo sempre stati nel giusto, – afferma Lucio Fierro, Presidente dell’Alto Calore Patrimonio – malgrado pareri prezzolati affermassero il contrario, nel sostenere che:
a) la costituzione dell’ACP è sempre stata legittima;
b) il canone di concessione è sempre stato dovuto e doveva essere regolarmente versato dall’ACS all’ACP;
c) l’accertamento se una parte delle reti non siano di proprietà dell’ACP può comportare, e solo nel rapporto tra ACP e Regione (nel quale l’ACS non ha voce) il diritto della Regione a rivendicare una parte dei canoni riscossi per un importo proporzionato al valore di quelle opere delle quali, come stiamo facendo, si dovesse definitivamente accertare che sono di proprietà regionale;
d)essendo oramai del tutto assodato che il canone è comunque dovuto verso l’ACP in forza del contratto vigente, fermo restante l’eventuale ristorno di questa verso chiunque risultasse essere proprietario di una parte delle reti, il canone stesso va obbligatoriamente iscritto nel bilancio ACS nelle partite debitorie e per l’importo risultante dai contratti vigenti
.
Qualcuno pone il problema che l’importo del canone sarebbe oneroso per l’ACS. Chi scrive è dell’opinione che l’ACP può accettare che esso sia sottoposto a rettifica e modificato, qualunque sia l’ammontare equo che ne risulterà, commisurandolo al valore effettivo delle reti, attraverso un apposito parere di congruità dell’Ufficio Tecnico Erariale, e che esso possa comportare il ricalcalo del canone anche in via retroattiva. Questa ulteriore informazione porterò in tutti gli incontri ed in tutte le sedi per riconfermare come, per la iscrizione al bilancio dell’ACS di un presunto credito nei confronti dell’ACP siamo di fronte ad un errore clamoroso a cui non può che porsi rimedio. Ai richiami al senso di responsabilità sono sempre stato sensibile. Essi vanno accolti, sapendo comunque che l’amore per la verità ed il rispetto delle leggi sono pre-condizioni per ogni scelta. Responsabilità, verità, rispetto delle leggi non contrastano con un bilancio dell’ACS che metta tale azienda nelle condizioni di richiedere l’affidamento del servizio. Un bilancio diverso e corretto – conclude Fierro – può essere approvato nell’interesse dell’azienda, dell’utenza e del valore essenziale dell’acqua come bene pubblico”.

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