Intervista a Sofia Mehiel “la Papessa”, madrina dell’Irpinia Pride 2022

Sofia Mehiel la Papessa

L’attivista Sofia Mehiel “la Papessa” sarà ospite della marcia per i diritti LGBT+ che si svolgerà questo pomeriggio a Mercogliano

Mancano ormai poche ore all’’Irpinia Pride 2022 – Rivoluzione di Pace, la manifestazione ideata e promossa dall’associazione avellinese “Apple Pie: l’amore merita LGBT+” che questo pomeriggio, a partire dalle 17:00, dipingerà dei colori dell’arcobaleno le strade principali della città di Mercogliano. Per l’occasione abbiamo intervistato l’attivista Sofia Mehiel “la Papessa”, che sarà la madrina dell’evento, accompagnata dall’attore Lorenzo Balducci, che farà da padrino.

Sofia Mehiel è una vera esplosione di esuberanza e creatività, doti che l’hanno portata a costruire una carriera professionale nel mondo dell’arte e dello spettacolo molto solida ed eterogenea. Dal debutto come presentatrice di eventi alla partecipazione a varie edizioni di Miss Trans Italia; dal mondo del Cinema – l’ultima pellicola è “Le Favolose”, per la regia di Roberta Torre, che uscirà a settembre – a quello della TV. Inoltre nel 2020 è entrata anche nell’industria discografica, con il brano dance d’esordio “Respect in any body”. Tra i vari Pride a cui ha partecipato come ospite d’onore, ricordiamo in particolare l’Europride di Amsterdam, dove nel 2016 ha rappresentato l’Italia.

Tuttavia ciò che Sofia Mehiel pone al primo posto nella sua vita è l’attivismo, mettendo tutta se stessa nella difesa dei diritti del prossimo. È infatti parte del direttivo del MIT (Movimento Identità Trans) e a Bologna – dove vive oggi – è responsabile di due case d’accoglienza e dello sportello “Unità di strada“. Inoltre durante il difficilissimo periodo del lockdown ha dato il proprio contributo consegnando pacchi alimentari, medicinali alle persone immunodepresse e svolgendo volontariato in ospedale, poiché ha anche la qualifica di “operatrice sociale”.

Proprio quando l’abbiamo contatta per questa intervista, all’inizio di luglio, “la Papessa” ci ha raccontato di essere in partenza per l’Ucraina: «Attraverso le organizzazioni umanitarie di cui faccio parte, abbiamo fatto una raccolta fondi. Andremo nelle zone colpite dalla guerra per portare medicinali e daremo anche il nostro sostegno alla comunità LGBT+ ucraina. Pensiamo, ad esempio, alla situazione delle persone che stanno percorrendo la fase di transizione “M to F”, che hanno ancora i documenti al maschile e per questo non sono potute uscire dal Paese. Ripeteremo l’azione anche a settembre. Il mio sogno – ci rivela – è che tante altre persone possano darsi da fare, cioè che il volontariato sia una parte della vita di tutti».

Sofia Mehiel la Papessa

L’intervista

La tua storia è sicuramente espressione di tanta forza. Oggi sarai ad Avellino, che è la tua città di origine. Com’è stata la tua vita qui?

«Mio padre è originario del Lussemburgo e si chiama Papa, da qui il mio nome d’arte “Papessa”. Mia madre, invece, era di Avellino e la mia famiglia viveva proprio al centro, in zona Tribunale. La prima parte della mia vita è stata difficilissima, perché per motivi familiari sono stata alcuni anni in orfanotrofio, a Mercogliano (proprio il Comune dove si svolgerà il Pride, ndr). La mia adolescenza si è svolta nell’Avellino degli anni ’80 e ’90. In città ho frequentato le medie e le superiori, prima al Convitto “Colletta” e poi all’Istituto d’Arte “De Luca”. Intanto ho anche lavorato in molti bar e ristoranti della città e della provincia.

Erano sicuramente anni diversi e io avevo già cominciato il mio percorso di transizione; ho scoperto la possibilità di assumere ormoni a 14 anni grazie a un mio carissimo amico. Certo, ho dovuto subire anche del bullismo, soprattutto nel periodo delle medie, ma sono stata in grado di reagire perché non mi sono mai creata problemi, vergognata. Perciò quando gli altri bambini mi canzonavano, chiamandomi “femminuccia”, io rispondevo che sì, era vero e che ne andavo fiera. Al contrario, all’Istituto d’Arte c’è sempre stato un clima di grande positività e lì la mia estrosità veniva vista per, l’appunto, come espressione di una mente artistica e creativa.

A un certo punto ho dovuto lasciare la mia città, ma voglio sottolineare che non è stata Avellino a cacciarmi fuori di casa, anzi Avellino mi ha sempre amata. Nonostante tutto, con me è sempre stata una città meravigliosa. Infatti ci sono tornata spesso, anche dopo aver completato il mio percorso. Una volta ho anche rincontrato i miei ex compagni di scuola ed è stato bellissimo e ho avuto molti consensi positivi».

Qual è per te il significato del Pride, considerando anche le polemiche che spesso nascono intorno a queste manifestazioni?

«Sono la prima a non amare i nudi o l’ostentazione eccessiva dei corpi. Ritengo necessario, invece, il discorso della festa e del farsi vedere durante il momento del Pride perché nella nostra società c’è ancora gente che discrimina la comunità LGBT+.  Farsi vedere, farsi notare, significa affermare la propria esistenza, il proprio orgoglio; e questo è necessario.

Tra l’altro anche nel concetto di Pride c’è stata un’evoluzione; non si parla più di “gay pride”, ma si preferisce il solo termine “pride”. È un concetto più inclusivo, che dà la possibilità a tutti di partecipare, per esternare ognuno il proprio orgoglio e far sì che nessuno si senta più solo, che nessuno debba nascondersi.  Perché una delle cose più pericolose è proprio la repressione, che può generare solamente odio e violenza. Ricordiamoci sempre che l’essere umano è meraviglioso perché è unico, quindi bisogna dare il giusto valore alla propria unicità.

Personalmente, uno dei valori per me più importanti è quello del rispetto verso il prossimo. Avendo da sempre lavorato con bambini e anziani, capisco che ci sono delle categorie che vanno rispettate. Gli anziani, in particolare, hanno una cultura diversa e tradizioni differenti, per cui abbiamo noi il compito di portarli alla comprensione e far evolvere il loro pensiero, rendendolo più inclusivo».

Infine, cosa diresti a quelle persone, specialmente giovani, che non riescono a esprimersi liberamente per il timore di essere discriminate a causa del proprio orientamento sessuale o identità di genere?

«Che bisogna avere il coraggio di far capir agli altri che non è un male, che non è una vergogna, che non si fa del male a nessuno. Anche per questo esiste il Pride. Tuttavia non  si deve aspettare il giorno del Pride per essere orgogliosi di quello che si è, ma bisogna esserlo tutti i giorni. Quindi ai ragazzi dico basta, svegliatevi, non abbiate paura, perché tanto alla fine più siamo uniti e più la gente si dovrà abituare. Vi aspetto all’Irpinia Pride».

 

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