Se De Luca perde Avellino

Il congresso del Partito Democratico ha il merito di fare sentire tutti un po’ più giovani tra appassionati di politica e cronisti: tornare a scrivere di pacchetti di tessere, guerra delle adesioni, con gli immancabili colpi bassi reali o presunti sul sistema di voto, riporta indietro gli orologi della politica di oltre venti anni fa, quando quello che decideva la DC avellinese valeva per l’Italia intera.
La storia oggi non si ripete, considerate anche le differenze sostanziali fra la classe dirigente dell’epoca e quella attuale, ma sul congresso del PD irpino si stanno concentrando le attenzioni del partito, da Napoli, o meglio da Salerno, a Roma. Lo scontro fra i due gruppi è chiaro: deluchiani contro antideluchiani. Da un lato i fedelissimi (per ora) del presidente della Regione oberato dalle inchieste della Procura salernitana; dall’altro il gruppo che fa capo al sindaco di Avellino Festa e al consigliere regionale Livio Petitto, sostenuti dal deputato Del Basso De Caro. La polemica sul tesseramento gonfiato con tanto di accuse avanzate dai deluchiani dovrà essere risolta dalla dirigenza del partito a livello nazionale. Evidente che il via libera alle tessere depositate dal tandem Festa-Petitto (o meglio ancora dal trio Festa-Petitto-D’Agostino) significherebbe che il segretario nazionale Enrico Letta ha scelto di sostenere chi è nel partito è contro De Luca, in uno dei suoi fortini elettorali. Privare De Luca di Avellino, dopo il caos registrato a Benevento e dopo lo scontro in atto da anni fra il presidente della Regione e il PD napoletano, sarebbe l’ulteriore prova che il PD ha silenziosamente avviato l’opera per concludere l’esperienza deluchiana in Campania. Uno show down che potrebbe durare anni, sino al termine della legislatura regionale, o forse mesi, se l’inchiesta salernitana riserverà clamorosi sviluppi.

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