Mister Graziani, gli zebedei frantumati e i valori sotto i tacchetti: è questo il suo calcio?

Valentino Rossi, nel 2017, prima del Moto Gp di Valencia, sbottò in conferenza stampa contro i giornalisti: “Basta parlare del mio futuro, mi avete rotto i coglioni”.

Sarri pure perse le staffe lo scorso gennaio, riservando lo stesso trattamento al malcapitato Lorenzo Insigne: “Vai su e sta’ zitto. Ora m’avete rotto i coglioni!”.

Insomma, brutti episodi, cancellati con un rapido (ma necessario) colpo di scuse.

Nell’era dei social, degli smartphone sempre pronti a riprendere il momento, proprio quello, non si sfugge. Diventa inutile accampare scuse.

Finchè c’è un labiale da interpretare, il dribbling ci può stare, ma con l’audio così nitido, non si scappa.

Ad Avellino, negli ultimi due anni si è passati (ottobre 2016) dalla bottiglietta lanciata dal preparatore La Porta (ora nel club irpino ripartito dalla D) verso la tribuna Montevergine alle corna di Ardemagni, fino al “sordomuti” di Novellino rivolto ai presenti in conferenza stampa lo scorso marzo.

Tutte azioni deprecabili, per le quali sono giunte, puntuali, le scuse ufficiali, da parte dei diretti interessati e del club.

Gesti inappropriati, fuori luogo, lontani dai valori che intende trasmettere lo sport.

Ad arricchire l’infelice collana ci ha pensato Archimede Graziani, allenatore del Calcio Avellino SSD che, tra i suoi trascorsi, qualche episodio del genere lo ha pure infilato nel curriculum.

Non è passato inosservato il suo “…M’avete rotto i coglioni, sono stato chiaro?” durante il primo allenamento in città (ieri pomeriggio) della squadra del presidenteClaudio  Mauriello.

Testimoni i sostenitori (una sessantina), curiosi, e anche bambini.

L’urlo carico d’ira (il video è ripreso dal collega di Irpinianews, Claudio De Vito) è già virale: diffuso attraverso i social, i cui utenti, tuttavia, non hanno alzato polveroni, polemiche come accaduto in passato per episodi altrettanto biasimevoli.

Come se nulla fosse accaduto. E’ giustificabile un atteggiamento del genere?

Era necessario finire su Sky (o Dazn) per certificarne la gravità?

O perché la serie D, non essendo campionato professionistico, può aprire a maniere offensive, a insulti?

Provi a spiegarlo il sanguigno mister o la società.

Ah, già: l’allenatore dice che non legge i giornali (peggio per lui) e forse nemmeno legge i quotidiani on line che sono gratis.

C’è modo (altro) e modo (questo, censurabile) di porsi ai calciatori che non applicano al meglio lo schema.

E’ capitato a tanti allenatori di andare fuori binario, e prontamente di fare un passo indietro.

A qualcuno piacerà il “duro” Graziani, il “sergente” che può rivolgersi ai propri calciatori per imporre la propria autorità, termine che non sempre è sinonimo di personalità. Sui social molti si rallegrano: bravo mister, così si fa, finalmente un allenatore che ha i coglioni.

Per adesso ne parla, poi magari dimostrerà pure di averli. Nel calcio parla il campo.

La realtà è che quel “M’avete rotto i coglioni” è un’offesa ai ragazzi (qualcuno ancora minorenne) remunerati per allenarsi, giocare, crescere, fare del proprio meglio, incitati – piuttosto che insultati – e in campo anche per divertirsi.

Non certamente preparati, tra una tattica e l’altra, per digerire improperi e volgarità.

Lo dicono i manuali, quasi alla nausea: il calcio è uno sport, veicolo di valori, tra cui il rispetto, la dignità, l’applicazione delle regole, senza tolleranza alcuna per qualsiasi tipo di violenza, etc.

Un allenatore (con o senza l’esperienza di 800 panchine) è soprattutto un educatore e deve essere maestro di disciplina, modello di sani principi.

E’ un discorso lungo, va a finire che rompiamo gli zebedei.

Noi, correttamente, li chiamiamo così…

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