“Irpinia verde a metà. Valle dell’Irno e Valle del Sabato, le zone critiche dal punto di vista dell’inquinamento ambientale, ma al momento non ci sono correlazioni con l’insorgenza di patologie gravi. Gli indici delle persone che si ammalano sono al di sotto della media regionale”. Sono i primi dati del monitoraggio ambientale frutto di un protocollo d’intesa tra Istituto Superiore di Sanità e Procura della Repubblica di Avellino.
L’intesa, operativa per due anni e destinata a concludersi nell’aprile 2026 con la pubblicazione di un Rapporto finale, rappresenta uno dei modelli più avanzati di cooperazione tra scienza e magistratura.
Obiettivo: unire competenze investigative e dati epidemiologici per orientare con precisione le indagini giudiziarie e la prevenzione sanitaria.
Nel primo anno di attività, ISS e Procura hanno completato la caratterizzazione ambientale dei 86 comuni del territorio di competenza, censendo 296 siti potenzialmente contaminanti.
Il dato più allarmante è che il 51% della popolazione — circa 166.500 persone — vive entro un chilometro da uno o più di questi siti.

La distribuzione è fortemente disomogenea. Tra i luoghi censiti figurano:
5 siti con abbandono illegale di rifiuti in scavi o su suolo;
circa 50 concerie;
19 discariche comunali;
15 industrie agroalimentari;
11 autodemolitori;
e circa 60 impianti di lavorazione dei metalli o attività metallmeccaniche.
Tutti i dati raccolti, con il contributo di ARPA Campania, Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, Carabinieri Forestali e Vigili del Fuoco, sono stati riuniti in una banca dati georeferenziata che fotografa con precisione la distribuzione delle sorgenti di rischio.
L’indicatore di rischio comunale: Avellino e Atripalda in classe 6
Sulla base delle linee guida delle Conferenze Ministeriali OMS di Ostrava (2017) e Budapest (2023), è stato sviluppato un Indicatore di Rischio Comunale (IRC) fondato sull’Indice di Pericolosità (IP) dei singoli siti, espresso su scala da 2.500 a 1.
I punteggi più elevati, IP = 2500, sono stati attribuiti ai siti con abbandono di rifiuti nei comuni di Conza della Campania, Domicella e Montefalcione.
Gli 86 comuni sono stati suddivisi in sei classi di rischio, dalla più bassa (Classe 1) alla più alta (Classe 6).
In Classe 6, ossia il livello di rischio più elevato, figurano Avellino e Atripalda, mentre in Classe 5 rientrano, tra gli altri, Calitri, Montella, Monteforte Irpino, Montemiletto, Domicella e Forino.
All’estremo opposto, comuni come Aquilonia, Caposele, Gesualdo, Sorbo Serpico e Volturara Irpina sono inseriti in Classe 1, con un rischio considerato minimo.
La salute degli irpini: dati in chiaroscuro
L’analisi sanitaria, condotta su dati ISS relativi al periodo 2010–2021, restituisce un quadro complesso.
Nel complesso, la mortalità generale e quella per i principali gruppi di patologie tumorali (apparati circolatorio, digerente e urinario) risultano inferiori alla media regionale.
Tuttavia, emergono eccessi di mortalità e ospedalizzazione per malattie respiratorie acute in entrambi i generi, e un aumento dei ricoveri per asma.
Si segnalano inoltre eccessi di mortalità per tumori del testicolo e del sistema nervoso centrale, nonché un incremento dell’ospedalizzazione per queste stesse patologie.
Per le altre malattie, tumorali e non, i dati restano al di sotto della media regionale.
Le analisi proseguiranno con approfondimenti comunali e l’integrazione di dati provenienti dal Registro Tumori dell’ASL di Avellino, dai Registri Tumori zonali, dai biomonitoraggi umani per metalli e diossine e dalle rilevazioni ambientali ancora in corso.
Durante la conferenza stampa, il Procuratore della Repubblica di Avellino, Domenico Airoma, ha riassunto con parole nette la sintesi dell’indagine: “L’Irpinia è verde solo a metà. Esiste un’area ancora incontaminata e non presenta rischi ambientali significativi, ma purtroppo c’è anche un’altra zona che invece mostra criticità e che deve essere oggetto di approfondite indagini”.
Airoma ha chiarito che i territori più esposti coincidono con la Valle del Sabato, l’area montorese e solofrana, oltre al capoluogo e ai comuni limitrofi. “Si tratta soprattutto della parte occidentale della provincia: il capoluogo, i comuni limitrofi, la Valle del Sabato e tutta l’area solofrana e montorese”.
Sul fronte della contaminazione, il procuratore non ha nascosto la gravità dei riscontri: “Sono state intercettate sostanze inquinanti nell’aria e nei corsi d’acqua. Non dimentichiamo che c’è stato persino un comune che ha dovuto sospendere l’attingimento dell’acqua potabile: un dato davvero preoccupante”.
Dal punto di vista giuridico, Airoma ha ribadito la responsabilità penale anche per chi aggrava un danno ambientale già esistente: “Non dobbiamo pensare che, se una realtà è già contaminata, questo giustifichi ulteriori comportamenti inquinanti. Chi contribuisce a peggiorare una situazione compromessa ne risponde penalmente. E c’è anche la responsabilità per l’omessa bonifica”.
L’inchiesta, ha aggiunto, si muove in stretta collaborazione con la Procura Generale, Aldo Policastro: “Questo significa che stiamo lavorando insieme, con obiettivi comuni e con un metodo scientifico condiviso. Il nostro compito, in questa fase, è individuare i principali focolai di rischio ambientale per la salute, così da restringere il campo dei potenziali responsabili”.
Policastro: “Industria e salute non sono nemici”
Il Procuratore Generale di Napoli, Aldo Policastro, ha evidenziato la necessità di un approccio coordinato, definendolo “modello della sinergia”: “A livello distrettuale sto convocando periodicamente riunioni dedicate all’ambiente. Ho rafforzato il gruppo ambiente e stiamo lavorando per la tutela del territorio, del demanio e delle foreste. Anche per il fiume Sarno stiamo potenziando gli strumenti tecnico-scientifici a nostra disposizione”.
Policastro ha poi sottolineato il rischio di infiltrazioni criminali nelle fasi di bonifica: “La criminalità organizzata è sempre pronta a inserirsi nei grandi affari. È entrata nella gestione illecita dei rifiuti e può entrare anche nelle attività di bonifica. La vigilanza deve restare alta, sia nella repressione sia nella prevenzione, per evitare infiltrazioni quando si interviene per ripristinare i territori”.
Infine, il procuratore generale ha ribadito che sviluppo economico e tutela dell’ambiente possono convivere: “La buona industria e il buon sviluppo non sono nemici della salute e dell’ambiente. Ma l’imprenditore deve considerare tra i costi anche quelli legati alla tutela della salute dei lavoratori, dei cittadini e dell’ambiente. Se il profitto diventa l’unico obiettivo, il danno ambientale è inevitabile”.




