Festa in crisi scioglie i due poli

Mentre il sindaco Festa ostenta serenità e massima convinzione nella prosecuzione della sua esperienza amministrativa, i più preoccupati delle conseguenze politiche delle indagini sul Comune di Avellino sono proprio coloro che dovrebbero rappresentare l’alternativa di governo cittadino. E’ già perchè il rischio che Festa possa non presentarsi alle prossime elezioni, o che comunque possa arrivarci in condizioni assai proibitive (se non la fuga di massa, almeno le prese di distanza e i distinguo già affiorano nella sua maggioranza e fra i suoi sostenitori), mette sia il centrodestra che il centrosinistra davanti alla realtà. E’ un paradosso fino a un certo punto, ma da Gianfranco Rotondi a Maurizio Petracca per molti giocare a vincere le prossime elezioni rappresenta un problema, perchè un conto è trovare un candidato a sindaco di bandiera, mandato a combattere una battaglia data per persa contro un sindaco uscente che agli occhi della città, compresi i suoi avversari, appariva senza rivali; un altro è trovare un candidato che possa vincere le elezioni e quindi divenire anche un esponente politico in grado di creare problemi soprattutto ai parlamentari e ai consiglieri regionali. La matassa va sbrogliata in poche settimane, anzi pochi giorni e il compito spetta nel centrodestra ai parlamentari di Fratelli d’Italia, da Rotondi (che vede venire meno il progetto non dichiarato ma neanche smentito di accordo tacito con il sindaco Festa, già suo elettore dichiarato alle scorse politiche) a Edmondo Cirielli, che pure in nome di un’antica tradizione legalitaria della destra qualche parola su quanto sta accadendo ad Avellino potrebbe spenderla entro breve tempo. Chissà cosa avrebbe fatto il vecchio Movimento sociale di qualche anno fa dinanzi ai fatti politico-giudiziari di queste ore.
Nel centrosinistra se possibile la crisi di Festa crea problemi ancora maggiori. Da un lato c’è una parte della coalizione preoccupata che le inchieste della magistratura almeno sul piano politico contribuiscano a fare emergere i rapporti, o meglio gli accordi politici e istituzionali  che molti, soprattutto nel Pd hanno avuto con il sindaco di Avellino, dall’Alto Calore al consorzio universitario, alla Provincia. Si giustifica così almeno in parte il silenzio del Pd sul caso Avellino, che del resto si aggiunge alla inchiesta sull’Alto Calore che ha provocato le dimissioni dell’ex tesoriere del partito e candidato alle elezioni regionali dalla carica di amministratore unico.
Anche per il Pd indicare un candidato sindaco che possa vincere le elezioni piuttosto che un semplice testimone in battaglia è un problema, così come dimostra il no pronunciato da Maurizio Petracca rispetto alla ipotesi di candidatura di Antonio Gengaro. Un cambio di opinione motivato dal consigliere regionale formalmente con argomenti politici solidi (Gengaro ha firmato un ricorso contro i metodi di tesseramento adoperati nel Pd dal gruppo che fa riferimento a Petracca, ed ha stretto accordi per la sua candidatura con l’area che fa capo all’ex senatore De Luca, ostile al consigliere regionale). Ma è anche vero che sino a pochi giorni fa Petracca aveva dato il via libera al nome di Gengaro, quando la battaglia contro Festa appariva una missione impossibile.

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