Dossieraggi, anche il Riesame dice no all’ arresto dell’ex procuratore Laudati

Il Tribunale del Riesame di Perugia ha rigettato l’appello della Procura di Perugia contro la decisione del gip di respingere la richiesta di misure cautelari per l’ex sostituto procuratore della Direzione Nazionale Antimafia, Antonio Laudati, e per l’ufficiale della Guardia di finanza, Pasquale Striano. Laudati e Striano sono indagati nell’inchiesta sui presunti accessi illeciti nella banca dati della Direzione nazionale antimafia.

Tornerà a Roma dove era stata avviata l’indagine finora condotta dalla Procura di Perugia sui tanti accessi abusivi, presunti fino a sentenza definitiva, alle banche dati della Direzione nazione antimafia con al centro il tenente della guardia di finanza e l’ex magistrato. A tracciare la strada è il Tribunale del riesame del capoluogo umbro con una ordinanza depositata oggi, che individua la competenza a Roma (come già fatto dal gip a dicembre) e rigetta l’appello dei pm contro la decisione del giudice delle indagini preliminari di non applicare gli arresti domiciliari ai due indagati.
Una decisione tecnica sull’inchiesta che nei mesi scorsi ha fatto fibrillare il mondo politico-istituzionale.

Venne infatti aperta in seguito a una denuncia del ministro della Difesa Guido Crosetto dopo che erano state pubblicate notizie riguardanti la sua precedente attività professionale. Fu poi trasferita a Perugia per il coinvolgimento di Laudati. Al Riesame la Procura guidata da Raffaele Cantone aveva recentemente depositato un’attività integrativa d’indagine secondo la quale sono oltre 200 mila gli atti scaricati da Striano tra il 2019 e il 2022. Che si aggiungono alle migliaia di accessi abusivi già contestati alla banca dati, acquisendo così informazioni su decine e decine tra esponenti delle Istituzioni, del mondo economico, politici, protagonisti dello spettacolo e dello sport.

Sentito dalla Commissione parlamentare Antimafia Cantone aveva parlato di un’indagine di portata “mostruosa” ed “inquietante”, una sorta di “verminaio”. Per il ritorno a Roma dell’indagine è stata decisiva una recente pronuncia della Cassazione, la 3866/2024, secondo la quale la competenza nazionale della Dna “sottrae i magistrati a essa addetti” dall’applicazione dell’articolo 11 del codice di procedura penale che aveva portato gli atti a Perugia. Riportando il fascicolo a Roma. Passaggi tecnici che inevitabilmente allungheranno i tempi delle indagini non ancora chiuse. Anche se la Procura di Perugia non impugnerà la decisione del Riesame e la prossima settimana invierà il fascicolo.

Per i difensori di Laudati, gli avvocati Andrea e Maria Elena Castaldo, “il Tribunale ha escluso la sussistenza delle esigenze cautelari relative al pericolo di inquinamento probatorio”. “In particolare – hanno aggiunto -, ha ritenuto inesistente il requisito della urgenza e ha sottolineato come sia la circostanza del pensionamento del dottore Laudati, sia quella dell’assenza di condotte potenzialmente manipolative del quadro probatorio, escludano in radice il requisito dell’urgenza, tale da giustificare la misura cautelare”. “Un’ulteriore riprova della piena legittimità dell’operato del consigliere” sostengono. Il Riesame – emerge dal provvedimento – ha comunque ritenuto “sussistente” il quadro probatorio delineato dalla Procura di Perugia, “già correttamente descritto” dal gip. Con la Procura che si ritiene “soddisfatta” del provvedimento e della tenuta del quadro investigativo.

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