Alto Calore, i sindacati chiamano la Regione: “Risposte certe sul futuro della società”

Alto Calore, i sindacati chiamano la Regione. “La vicenda di Alto Calore, si legge in una nota congiunta di Cgil – Cisl e Uil, non può essere ancora una volta ricondotta a battaglia politica tra quelli che ci sono stati, quelli che ci sono e altri che ancora non sono arrivati. Che l’azienda vivesse una condizione di grave crisi, per una serie di responsabilità interne, esterne e di sperequazione territoriale, è stato abbondantemente detto e spiegato anche inutilmente, che ci sono gravi responsabilità per quanto destrutturato in una realtà territoriale che avrebbe potuto fare dell’acqua una risorsa e non un problema, da il segno che continuare ad attentare all’assetto aziendale sarebbe un esercizio di autolesionismo, che è meglio interrompere immediatamente”.

“Oramai appare evidente che tra ipotesi di ricapitalizzazione impossibili, bilanci approvati a maggioranza (sempre più risicata) e richieste di dimissioni, la vicenda non può essere confinata nell’angusto spazio locale, da cui non si possono attingere risorse e soluzioni , visto il grave debito che pesa sulla gestione della società. Superare la dimensione domestica di una azienda che impatta sulla vita di un intera comunità, è un dovere a cui nessuno può e deve sfuggire, ci siamo rivolti alla Regione perché con l’approssimarsi della stagione calda il dramma è dietro l’angolo, anzi ha già svoltato”.

“L’EIC e il Vice Presidente Bonavitacola, a cui abbiamo inviato una richiesta di incontro, devono farsi carico di questa vera e propria emergenza prima che sia troppo tardi, non siamo alla ricerca di colpevoli, questo non spetta a Noi, siamo alla ricerca invece di una presa di responsabilità straordinaria che offra e costruisca una via di uscita a cui nessuno potrà sottrarsi, Enti Locali, cittadini , lavoratori di qualunque colore e segno perché su questo bene non si può più perdere tempo. Un intervento di sussidiarietà che metta fine all’indeterminatezza e punti alla salvaguardia di un bene primario che non può essere interrotto, come in altre crisi di aziende pubbliche, ma che senza un intervento regolatore ad acta rischia di gettare nella paralisi un territorio, che deve reagire a lotte e campanilismi di maniera che hanno prodotto i danni che vediamo e di cui dobbiamo liberarci”.

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