Uil: ecco quanto costano i politici in Irpinia
I costi della politica nel nostro paese, ma anche nelle nostre Regione, Provincia e Comune capoluogo, sono ancora altissimi. Un conto salato che pesa, oggi più che mai, sulle spalle dei contribuenti e quindi delle famiglie in difficoltà. Il tentativo di contenere e ridurre i costi della politica ha riguardato negli ultimi anni tutti i Governi che si sono succeduti, con alterne fortune o risultati. Iniziò il Governo Prodi, con le sue Leggi finanziarie che imponevano alle Pubbliche Amministrazioni di pubblicare sui propri siti internet gli elenchi dei compensi degli amministratori delle società; gli elenchi degli incarichi e consulenze; la riduzione delle circoscrizioni comunali limitata ai soli Comuni al di sopra dei 250 Mila abitanti; la riduzione delle spese di rappresentanza degli amministratori locali; la riduzione dei compensi accessori dei Ministri e dei Sottosegretari. Opera continuata, dall’attuale Governo Berlusconi che, in vari provvedimenti riduce, a partire dal 2011, del 20% la composizione dei Consigli Provinciali e Comunali e, continuata con l’ultima Manovra Economica. Provvedimenti questi ultimi che rappresentano soltanto un primo segnale che va nella direzione da tempo indicata dalla UIL, ma, rappresenta soltanto una piccola “goccia nell’oceano”, un parziale avvicinamento al contenimento della spesa pubblica. Ci si è limitati, infatti, ad un modesto taglio del 10% degli emolumenti ai politici e dei rimborsi elettorali ai partiti. Di fronte al fatto che i suddetti costi della politica sono cresciuti, nell’ultimo decennio, del 40% ad un ritmo, dunque, doppio rispetto agli aumenti delle buste paga. Sono, secondo le stime Uil, oltre 1 milione di persone vivono direttamente, o indirettamente, con la politica. Un esercito composto da oltre 123 Mila tra Parlamentari, Ministri, Amministratori Locali; oltre 25 Mila amministratori delle 7 mila tra società e consorzi partecipati dalle Pubbliche Amministrazioni; le oltre 299 mila persone con incarichi e consulenze elargite nella Pubblica Amministrazione. A questi ne vanno aggiunti altrettanti rappresentati come gli oltre 8.845 consiglieri circoscrizionali (limitati alle Città Capoluogo); la massa del personale di supporto politico addetto agli uffici di gabinetto dei Ministri, Sottosegretari, Presidenti di Regione, Provincia, Sindaci, Assessori Regionali, Provinciali e Comunali; i Direttori Generali, Amministrativi e Sanitari delle ASL; la moltitudine dei componenti del consigli di amministrazione degli ATER, degli Enti Pubblici. La sola Regione Campania è costata nel 2010 per le spese di funzionamento del Consiglio e della Giunta 88.617.000 di euro. A cui si aggiunge la Pubblica Amministrazione che in Campania ha visto assegnati in un anno 15.897 incarichi, per un importo di 136.796.898 di euro, con un importo medio pro capite per ogni “incaricato” di 8.605 euro. La spesa complessiva dell’Amministrazione Provinciale di Avellino che include l’intera gestione dell’Ente in un anno è pari a 137.044.950 di euro; per il solo funzionamento del consiglio e della giunta sono stati spesi 2.289.738 di euro. E ancora per il Comune di Avellino la spesa complessiva di gestione della macchina amministrativa è in un anno di 77.299.639 di euro. La spesa per le funzioni del Consiglio Comunale e della Giunta è di 2.291.016 di euro, a cui si aggiungono le consulenze esterne che sono costate in un anno 403.408 euro. “Lungi da noi – ha spiegato il segretario generale della Uil di Avellino Franco De Feo – l’idea che i costi della democrazia non siano produttivi. Ma, siamo del parere che occorra mettere un freno agli sprechi e agli sfarzi, che sono ingiusti, e, a volte, fastidiosi in tempi di “vacche grasse” ma, che suonano come un “cazzotto in un occhio” in un tempo come quello attuale, con milioni di persone alle prese con una crisi che sta mordendo, soprattutto, sul versante dell’occupazione , oltre che sul versante servizi”. “Nessuno – ha continuato De Feo – è così demagogo ed irresponsabile da sostenere che, tutti i mali derivino dagli stipendi dei politici, come afferma qualche sobillatore, e che basta tagliarli che si risolvono tutti i problemi delle nostre finanze pubbliche. Così come non ci schieriamo dalla parte di chi sostiene che tagliare gli stipendi dei politici è soltanto una operazione di “facciata” per i modesti risparmi che comporta. Pensiamo, però, che il taglio degli stipendi e delle indennità ai politici sarebbe, in questo momento, un segnale importante al Paese, un modo di dare il buon esempio, una questione di equità, anche a fronte dei non alti redditi percepiti da lavoratori e pensionati. Va da se che la voce stipendi ed indennità è importante, ma resta marginale di fronte ai costi per il funzionamento degli organi della cosiddetta democrazia. Occorre, rapidamente, rivedere radicalmente il funzionamento di questi enti istituzionali, ridurre il numero di componenti degli organi elettivi, snellire gli apparati burocratici, rivederne le funzioni,anche, e soprattutto, per evitare la duplicazione dei ruoli. Rivedere, ad esempio, il numero degli assessorati, molto spesso pletorici, di Regioni, Province e Comuni, non in base alla dimensione demografica, che nella realtà non esiste neppure oggi, ma in base alle reali funzioni dell’Ente, non significa soltanto risparmiare lo stipendio dell’.Assessore, bensì ottimizzare le risorse con effetti ben più consistenti in termini di efficienza. Significa, per fare un esempio, meno costi per le segreterie personali degli assessori, meno consulenti, meno incarichi, meno “auto blu” in circolazione. Così come ridurre all’ essenziale il numero delle Commissioni Consiliari di Regioni, Province e Comuni, non significa semplicemente negare la “poltrona” a qualcuno, ma risparmiare concretamente sui costi della segreteria, dei collaboratori, delle spese generali. Non nominare il Direttore Generale per gli Enti Territoriali non è sinonimo di essere un Ente di “serie b”, bensì essere un Ente responsabile della “cosa pubblica”. Ridurre il numero dei Parlamentari, non influisce solo sul costo per le indennità ma, direttamente ed indirettamente, anche sui costi di funzionamento del Parlamento. Diminuire i consigli di amministrazione delle controllate pubbliche, abbatterne i compensi, chiudere le Società inutili, significa non drenare risorse pubbliche. Non avvalersi del portavoce e del suo assistente, significa, in alcuni casi, risparmiare 94.550 euro che potrebbero essere utilizzati per abbassare l’Irpef comunale. In sintesi: occorre rivedere radicalmente l’assetto centrale e decentrato dello Stato, in un’ottica che miri realmente a stabilire l’efficienza e l’efficacia della spesa pubblica, anche razionalizzando Enti non istituzionalmente necessari come le Province o altri enti territoriali. Il nostro Governatore Caldoro impiegato nel risanamento dei conti della Regione Campania potrebbe provare, oltre che a tagliare servizi per i cittadini e quindi posti di lavoro, a rimettere in discussione tutto il bilancio della sua macchina amministrativa”.




