Regionali, Sasso: per la sinistra altro passo verso il baratro

Regionali, Sasso: per la sinistra altro passo verso il baratro
“Le prossime regionali segneranno inevitabilmente un altro passo verso il baratro della sinistra italiana e in particolar modo dei Partiti Comunisti, o presunti tali, che ancora ostentano verso gli elettori il simbolo di un’epoca che forse non esiste più proprio perché essi stessi hanno operato in m…

Regionali, Sasso: per la sinistra altro passo verso il baratro

“Le prossime regionali segneranno inevitabilmente un altro passo verso il baratro della sinistra italiana e in particolar modo dei Partiti Comunisti, o presunti tali, che ancora ostentano verso gli elettori il simbolo di un’epoca che forse non esiste più proprio perché essi stessi hanno operato in modo che questa terminasse.” Così esordisce la nota emanata da Ernesto Sasso, esponente del Partito Comunista dei Lavoratori. “A prescindere dal resoconto numerico che scaturirà da questa consultazione – si legge nella nota – e che tutti noi speriamo sia il meno favorevole possibile alla Destra, ciò che risalta agli occhi di primo acchito è la continuità con il passato che suddetti partiti attuano a prescindere dalle classi dirigenti e relative mozioni che li gestiscono: la spasmodica ed eterna ricerca dell’accordo “a tutti i costi” con il PD e con tutti quei partiti che possono garantire ai candidati una certa visibilità se non un posto su qualche poltrona è il primo, se non unico, fondamentale punto dei loro programmi elettorali. Il tanto criticato PD, additato da tutti coloro che si dichiarano “comunisti” come la (in)naturale evoluzione democristiana dei DS, diventa di punto in bianco la locomotiva su cui salire ogni volta che si aprono le urne e con la classica motivazione che per porre un freno allo straripare dei berlusconismi di varia natura occorre essere compatti (?) si organizzano vere e proprie “liste teatrino” che fanno rabbrividire tutti coloro che dispongono di un minimo di coscienza critica verso se stessi e verso i partiti per i quali sono iscritti: mescolati tra democristiani pre e post tangentopoli ed ex-forzisti dell’ultima ora, infatti, fanno bella mostra di se anche pseudo compagni che pur di ottenere ritorni personali accettano compromessi che non sono compatibili con il loro essere comunisti. Ciò che rende ridicola la questione, tuttavia, è che questi stessi compagni poi fingono di sorprendersi quando il risultato del voto non li premia, preferendo ignorare il chiaro messaggio che lanciano gli elettori i quali, piuttosto che sostenere candidati del loro stesso partito confusi in un’accozzaglia di poliedrici politicanti preferiscono annullare la scheda o, peggio ancora, non andare ai seggi. Che senso ha, allora, continuare a dichiararsi “comunisti” se poi tutto ciò che si fa va in direzione nettamente contraria al significato della parola stessa? A cosa serve sventolare fieri rossi vessilli quando si ha la consapevolezza che essi sono soltanto specchietti per le allodole? Perché fingere di opporsi ad un determinato modo di fare politica quando in realtà si è parte integrante di essa? Ancora più assurdo è notare che all’interno di questi “Partiti Comunisti” i compagni che invece cercano di lavorare in modo serio e concreto per la gente sono sempre in numero esiguo, rappresentano mozioni minoritarie che difficilmente riescono a cambiare qualcosa e vengono costantemente osteggiati dai dirigenti su tutti i livelli: questo rende palese quanto sia radicato sin dalla base il malcostume opportunista, messo in pratica con la compiacenza di tutti quelli che comandano e che ambiscono a posizioni di rilievo non solo nella propria organizzazione ma soprattutto nelle istituzioni. Il dilemma da porsi è pertanto se sia possibile essere o meno Comunisti oggi, in un epoca storica radicalmente mutata dai tempi delle teorizzazioni marxiste ma al contempo rimasta inalterata per quanto riguarda le vessazioni subite dalle classi meno abbienti, dagli operai e dai lavoratori dipendenti i quali necessitano senza mezzi termini di un partito vero che sappia garantire loro l’impegno totale per il bene comune, fatto di lotte sociali e di costante ricerca del miglioramento delle condizioni di vita. Occorre pertanto ripartire dai concetti fondamentali ed attuarli concretamente, pensando e lavorando da Comunisti in modo da far si che PRC, PCL e PCDI siano davvero l’alternativa alla melma politica che sta caratterizzando questi anni e non una piccola porzione di essa; per far ciò, tuttavia, c’è bisogno di un taglio netto con il passato praticando una rescissione definitiva con il PD e rifiutando qualsiasi accordo in qualsiasi contesto. Presentarsi da soli alle elezioni – conclude Sasso – non significa decidere porsi in una sorta di settarismo ma vuol dire comportarsi esattamente da Comunisti nonché fare il primo passo verso l’unità comunista che resta, a mio parere, l’unica soluzione possibile per la sopravvivenza di un’ideologia che rischia seriamente di estinguersi.”

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