Pd, Forgione a De Blasio: “Te saccio piro all’uorto mio”

Ecco il commento di Andrea Forgione, segretario del circolo Pd Angelo Vassallo e dirigente provinciale, sul nuovo esecutivo varato dal segretario Carmine De Blasio:
“Noi, i democratici di Paternopoli, siamo sempre stati facili profeti. Infatti, da diversi mesi ci sforziamo di richiamare il partito sulla necessità di un vero rinnovamento, a partire dai suoi gruppi dirigenti, pena la perdita di appeal elettorale, ma come Cassandre rimaniamo inascoltati. Solo rinnovamento di facciata, questa la pratica politica del Pd provinciale. E De Blasio non sfugge a questa pratica e si adegua alla vera indole del Pd, partito della conservazione per antonomasia. L’esecutivo da lui varato e’ la piena rappresentazione di questa politica della conservazione. Nonostante qualche giovane presenza, in genere espressione di qualche altro dinosauro politico, il neo esecutivo conferma uomini e donne del passato politico capaci di essere, nell’arco di qualche mese, ed a volte anche contemporaneamente, veltroniani prima, bersaniani poi, contemporaneamente franceschiniani, infine renziani, che pero’ votano Cuperlo, facendosi vedere in prima fila alla convention di Pippo Civati, tenutasi ieri sera al caffe’ letterario. I camaleonti nostrani non tradiscono mai le aspettative. Ecco perche’, nel pieno rispetto dell’uomo De Blasio, padre e marito esemplare, professionista stimato ed affermato, sul piano politico il suo agire quotidiano ci riporta alla memoria un vecchio proverbio paternese: “te saccio piro all’uorto mio”.
Alla fine del 1700 un incendio distrusse la statua di San Sebastiano. La confraternita decise di ricostruire la statua e si mise in cerca del legno necessario. Un po’ fuori dalla cinta muraria di Paternopoli viveva un buontempone di nome Donato che lavorava un piccolo orto con al centro una pianta di pero. Ma questo albero era anni che non portava frutti, nonostante Donato gli dedicasse amorevoli cure. Fu cosi che quando i confratelli chiesero a Donato il pero per ricostruire la statua di San Sebastiano egli non si fece pregare e la offri gratuitamente. Venne il giorno dei festeggiamenti e della processione e la nuova statua fu portata per le vie del paese. Giunta davanti all’abitazione di Donato tutto il paese noto’ che il buontempone non offri alcun obolo e non si fece il segno della croce. Sottoposto ad un fuoco di fila di domande da parte dei compaesano, scandalizzati dal suo comportamento irrispettoso , Donato rispose: lo saccio piro a l’uorto mio”. Volendo intendere che da albero non portava frutti e da santo non avrebbe fatto miracoli. E cosi e’ pure per De Blasio: da presidente dell’assemblea dei cento si è mostrato mero esecutore degli ordini altrui, da segretario si adopererà per garantire ad un gruppo dirigente vecchio, inutile e dal pensiero politico asfittico, di sopravvivere alla tempesta renziana che si sta per abbattere sul Pd. Se non fosse cosi come dovremmo leggere la presenza nell’esecutivo di uomini come Enzo Venezia? Tutto e’ passato. E’ Passata la Dc, e’ passato De Mita, sono passati i comunisti, e’ passato il pentapartito, ma Venezia e’ ancora la’, fra lo strafottente e l’invincibile , inossidabile agli anni ed al logorio politico. Ad Enzo Venezia tocchera’ la responsabilita’ della formazione politica dei quadri del partito. Vi immaginate fra qualche anno tanti piccoli Enzo, cresciuti ed allevati alla scuola delle pratiche politiche democristiane, come ama definirsi l’ottimo Venezia. Ecco perche’ noi dicemmo che i renziani irpini erano innovatori di cartone. I fatti ci hanno dato ragione.
Ma noi, comunque, voteremo Matteo Renzi, perche’ il sindaco di Firenze è stato chiaro: “chi vota me, ha detto, vota me e non la partita di giro”. Vedremo. La nostra fiducia in Matteo e nella sua rottamazione è una apertura ragionata, prudente e contingentata nel tempo. D’altra parte c’è Cuperlo e chi vota Cuperlo vota D’Alema, che a palentologia politica non scherza, anzi ne è un capostipite.
Speriamo che in questa fase di ammuina democratica non valga anche un altro proverbio paternese che recita: “aggio juto pe’ me fa la croce e maggio cecato n’uocchio” (sono andato per segnarmi con la croce e mi sono accecato un occhio)”.

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