Puzza di fritto in condominio? Con la molestia olfattiva diventa reato

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La puzza di fritto è un reato. Non è una barzelletta, anche se potrebbe sembrarlo. A quanto pare anche la Cassazione si è resa conto che i dissapori nei condomini e i rapporti di vicinato hanno una valenza non irrilevante nella vita quotidiana.

Ristoranti senza canna fumaria? Vicini di casa costantemente ai fornelli? Amanti di spezie e fritture in quantità? Attenzione.

Senza rendersene conto, infatti, si rischia di commettere un reato e ci si ritrova a pagare i danni a vicini esasperati.

Solo pochi giorni fa, infatti, con la sentenza 14467/2017 la Cassazione ha condannato una coppia per “molestie olfattive”, ovvero un nuovo reato incluso nella dicitura “getto pericoloso delle cose” prevista dall’articolo 674 del Codice Penale. La vicenda che ha fatto scattare la sentenza riguarda una lite in condominio derivante dall’accusa, da parte di alcuni inquilini, di continue immissioni di odori e fumi molesti provenienti dall’appartamento sottostante.

Nello specifico, dalle dichiarazioni degli accusatori si evince che quando gli imputati cucinavano, oltre ai rumori molesti, gli odori di cucina, di sughi e di fritti erano talmente forti e intensi da sembrare provenienti da casa propria, non dall’esterno. Praticamente insopportabili.

Confermando le decisioni dei primi due gradi di giudizio, la Cassazione ha dato loro ragione, sostenendo che “la contravvenzione prevista dall’articolo 674 del Codice Penale è configurabile anche nel caso di molestie olfattive”.

A questo punto non si pensi che sia vietato cucinare in casa propria! Basterà farlo con un po’ di buonsenso: l’odore di cucinato, infatti, per essere considerato reato deve superare i limiti di tollerabilità (“quando non esiste una predeterminazione normativa dei limiti delle emissioni, si deve avere riguardo, al criterio della normale tollerabilità di cui all’art. 844 c.c.”).

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