La reazioni dei mercati dopo l’elezione di Macron in Francia

Le elezioni presidenziali francesi erano considerate come uno dei grandi scogli macroeconomici dell’anno in corso, all’interno di un calendario in cui spiccano numerosi appuntamenti elettorali da tempo annunciati (Olanda, Francia, Germania) o più recentemente annunciati a sorpresa (Gran Bretagna). Ma quale è stata la reazione dei mercati allo scampato rischio anti-europeista transalpino?

Una vittoria “nell’aria”

Iniziamo con il ricordare che l’esito delle elezioni francesi non ha certamente colto di sorpresa il mercato delle valute. I sondaggi che davano Macron come favorito alla contesa presidenziale francese si sono rivelati quanti mai attendibili, e il candidato centrista, l’unico in grado di proporre un programma ambizioso e fortemente pro-UE, ha dunque raccolto i consensi di un popolo che, evidentemente, non ha voluto dare fiducia al vecchio establishment, rifiutando tuttavia di cedere nella pericolosa tentazione di abbracciare la deriva della Le Pen.

Tuttavia, i mercati hanno comunque trattenuto il fiato fino ad almeno l’esito del primo turno, che ha “eliminato” due dei quattro candidati in corsa (Melenchon e Fillon), concentrando l’attenzione su Macron e Le Pen. Conseguentemente a tale esito, il cambio euro dollaro ha subito una positiva virata nei confronti della valuta unica europea, che si è apprezzata toccando massimi che non riscontrava da diverse settimane.

Il margine di apprezzamento è stato comunque piuttosto limitato, anche perché ha dovuto controbilanciare il rapporto di forza proveniente dall’area dollaro, con la Fed impegnata nel dare seguito alla propria strada di normalizzazione della politica monetaria, con conseguente conferma dei rialzi dei tassi.

Cosa accadrà al cambio euro dollaro

Superata la prima fase positiva post-elettorale, il mercato ha tuttavia gradualmente privilegiato quanto accadeva in area USA. Di fatti, mentre fino all’esito elettorale francese il focus degli analisti era proprio sugli effetti che una simile parte di calendario macroeconomico avrebbe indotto sui mercati valutari, messo in archivio il rischio populista e anti-europeista, gli osservatori si sono finalmente concentrati (di nuovo) sugli elementi fondamentali che, in questo ambito, non possono che premiare maggiormente gli Stati Uniti.

In altri termini, riteniamo che almeno per qualche mese il cambio euro dollaro manifesterà i propri rapporti di forza in un range piuttosto equilibrato, che impedirà all’euro di poter ripristinare – come da attese – la propria strada al rialzo. È tuttavia possibile (e auspicabile) che nella seconda parte dell’anno l’euro riguadagnerà parte delle posizioni perse in questi anni, avvicinandosi un 2018 che dovrebbe vederla in una condizione di maggiore solidità.

Si tenga comunque conto che molta dell’energia che l’euro riuscirà a rifondere nei confronti del dollaro dipenderà dalle mosse delle Banche centrali. In tal senso, se è vero che da una parte la Federal Reserve continuerà ad essere impegnata nella sua strada di normalizzazione e di rialzo del costo del denaro, è anche vero che la stessa cosa inizierà presto a farla anche la BCE, che dovrà porre fine ai suoi interventi di straordinario supporto con misure non convenzionali, decretando probabilmente la fine del tapering alla fine del corrente anno e, dunque, preparando il mercato per un nuovo anno all’insegna della effettiva “nuova” policy monetaria.

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