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“L’abbandono di un neonato sulla circumvesuviana di Baiano occupa la scena dei quotidiani locali ed è assurto alle cronache nazionali: certo, è un caso eclatante, che destabilizza il quadro dell’armonia composita – e spesso di facciata – delle piccole comunità come zone franche, considerate quasi immuni da siffatte tragicità. Molto più spesso – invece – esso zone di frontiera, luoghi di passaggio. Dove, per l’appunto, poter anche abbandonare un neonato e poi sparire! E’ successo qualche giorno f… |
“L’abbandono di un neonato sulla circumvesuviana di Baiano occupa la scena dei quotidiani locali ed è assurto alle cronache nazionali: certo, è un caso eclatante, che destabilizza il quadro dell’armonia composita – e spesso di facciata – delle piccole comunità come zone franche, considerate quasi immuni da siffatte tragicità. Molto più spesso – invece – esso zone di frontiera, luoghi di passaggio. Dove, per l’appunto, poter anche abbandonare un neonato e poi sparire! E’ successo qualche giorno fa, in un giorno qualunque, tra l’andirivieni quotidiano dei passeggeri e nessuno sembra essersi accorto di nulla!” Così in una nota, l’ex presidente del Consiglio provinciale di Avellino ed esponente della politica baianese Enzo Alaia, sul caso del bambino abbandonato sulla circumvesuviana di Baiano.
Le forze dell’ordine sono ora allertate – prosegue Alaia -. Le ricerche non hanno sosta, ed è’ scattata – fulminea – anche una cordata di solidarietà, che fa onore a tutto il Baianese: sarà il giudice tutelare – salvo ripensamento della madre naturale, entro dieci giorni – a decidere sull’affidamento del neonato. Ma, io vorrei andare oltre la riflessione – pur necessaria – sul Futuro da destinare a un innocente puntare alla radice, al cuore del problema: laddove – cioè – è scaturita l’ipotesi, la possibilità di compiere un gesto così estremo. Dovremmo interrogarci sul perché alcune cose accadano. E capire cosa ci sia dietro a questi atteggiamenti, che sono espressione di un malessere molto radicato”.
“Ora dovremmo tutti fare un po’ di autocritica e cercare una via per ‘riabilitare’ chi ha compiuto tale atto: di certo una madre disperata, spinta a un gesto estremo da condizioni di totale privazione, o perché costretta ad agire così. Donne minacciate, abbandonate, indigenti, madri che compiono un gesto tanto innaturale! Per me non è un caso sporadico, a sé stante : è solo la punta dell’iceberg. Sono sempre più numerosi, nel nostro territorio,casi simili : casi che esprimono, cioè, un profondo disagio sociale!E ciò dovrebbe – finalmente ‘costringerci’ a guardarci intorno, a riflettere con maggiore senso di responsabilità!
“L’accaduto è un segnale di profondo scollamento tra la gente comune e le Istituzioni, intese nella loro complessità di Enti, Associazioni, servizi sociali: purtroppo, i tagli più cospicui vengono fatti al Sociale. Gli operatori e le Associazioni preposte , spesso, sono carenti perché non hanno disponibilità di fondi pubblici e poco possono fare. Esiste – purtroppo – una realtà parallela – fatta di ‘ultimi’. Gente che vive ai margini, abbandonata a sé stessa. E ciò accade nell’indifferenza completa di alcune Istituzioni, che dovrebbero – invece – pianificare i fondi per i Piani di Zona sociali, programmare interventi mirati sul territorio, monitorare continuamente lo stato di fatto, che è sotto gli occhi di tutti. Accade che, al contrario, le strutture di accoglienza sono sempre più carenti e spesso non c’è personale adeguato all’accoglienza e all’assistenza sociale. Per la gran parte, l’insolvenza è istituzionale. E ripeto, non in riferimento agli Enti locali o alle associazioni di volontariato o del settore: la carenza, il deficit, è strutturale. Fa capo a Regioni, Ministeri, organi dello Stato: grandi apparati, ma incapaci di programmare in maniera capillare gli interventi sul territorio. I fondi statali sono – spesso – impiegati per settori apparentemente ‘produttivi’: sembra che poco o nulla sia riservato alla cura delle fasce più deboli. E’ questione di cultura, di etica e modelli di comportamento: riferimento a valori che sembrano sempre più vacillanti. Purtroppo – di riflesso – viviamo tutti un po’ una condizione di isolazionismo. Siamo immersi in un mondo tutto nostro: ognuno per sé. Preso dai propri egoismi e chiuso in un circuito individualista, che poco o nulla lascia all’ascolto, all’accoglienza dell’altro. Ecco perché una persona disperata – che non vede alcuna via d’uscita, che non si sente protetta o tutelata da una benché minima forma di assistenza sociale- può essere spinta a ritenere l’abbandono di un figlio la cosa più giusta, più normale da fare : perché, magari, questa persona non ha altra scelta da poter fare per proteggere la Vita di suo figlio. Questa non è – in alcun modo – una forma di giustificazione per chi ha compiuto un atto tanto scellerato. E’ solo una riflessione che va al di là della facciata, di ciò che ora si sente e si vede. Nessuno, secondo me, può infierire con giudizi avventati: dovremmo solo contribuire – tutti – a fare in modo che la nostra società sia più attenta e rispettosa del Dolore, vicina a chi soffre.
In questo caso – io credo – dovremmo fare di tutto per ricomporre il nucleo familiare originario. E, se possibile, ritrovare la madre e convincerla a riprendersi il bambino, garantendo a lei una possibilità di inserimento lavorativo e la vicinanza costante delle Istituzioni : la garanzia di un’assistenza sociale continua, capace di far ritrovare alla madre e al figlio una condizione di serenità e benessere psicofisico. Solo così si potrebbe- secondo me- non solo evitare il dramma di una separazione forzata. Ma anche, sottrarre un innocente a un destino di ricerca continua di chi lo ha generato. E una madre dalla condanna di un rimorso perenne. Ora dovremmo fare appello corale a chi – in Regione e in Parlamento – potrebbe meglio rappresentare i problemi del nostro territorio: le Istituzioni debbono dare spazio a chi voce non ne ha. A chi non ha forza di farsi ascoltare: molte sono le condizioni di emarginazione e di precarietà, nel Baianese e in tutta l’Irpinia. Non serve e non basta calamitare l’attenzione su un caso per un po’ e poi sparire: bisogna andare alla risoluzione del problema dalle sue origini! Chi ha il potere di farlo, intervenga – dunque – e dedichi attenzione, energie e risorse, capitoli di spesa al Sociale: perché una classe dirigente che non ha cura delle fasce più deboli, è destinata a durare poco.”




