La strage silenziosa della fabbrica maledetta: è morto Franchitiello e sono 30

Facevano la corsa per andare a lavorare all’Isochimica, si facevano raccomandare da amici e politici, arrivavano al cospetto di Elio Graziano – all’epoca il grande capo, l’uomo buono, il magnanimo – e lo ossequiavano per ottenere il “posto”.

Non sapevano che sarebbero andati incontro alla morte.

Tra i 330 dipendenti dell’Isochimica, tantissimi si sono ammalati, soprattutto gli “scoibentatori“, gli addetti alla rimozione delle parti interne delle carrozze ferroviarie.

Rimuovevano quei pannelli in amianto e respiravano il veleno che avrebbe provocato loro malattie gravi, fino alla morte.

I sindacati? Sapevano ma non dicevano. Perchè inimicarsi il padrone?

“Zio” Elio aveva metodi semplici e concreti per fare andare avanti la fabbrica a pieno regime, per gestire la controparte e non avere rotture di scatole da parte dei sindacati, dei rappresentanti di fabbrica.

Erano tutti amici, ognuno con un proprio tornaconto, dai responsabili della sicurezza interna ai dirigenti delle Ferrovie dello Stato.

E gli operai andavano a morire.

La trentesima vittima è Francesco D’Amato, aveva 77 anni e da tempo lottava contro l’inesorabile male che – prima di lui – aveva portato alla tomba altri colleghi, mentre moltissimi soffrono maledettamente.

Lo chiamavano affettuosamente «Franchitiello» perchè era l’amico di tutti. Sempre pronto ad essere dalla parte degli operai, a fare sentire la sua voce rispetto alle esigenze e alle necessità dei colleghi.

«Franchitiello» era tra i pochi a tenere testa ad Elio Graziano.

Rispetto ai tantissimi leccapiedi dal tornaconto assicurato, Franchitiello faceva sentire la sua voce all’imprenditore spregiudicato nei cui confronti si inchinavano dirigenti e politici, sindacalisti e opinionisti.

Ci sarebbe da scrivere una enciclopedia – più che un libro – per raccontare gli anni dello splendore apparente dell’imprenditore definito il “re del tessuto non tessuto”, per ricordare i nomi dei suoi fedelissimi leccapiedi, quelli che idolatravano “zio Elio”, in alto su tutti, a comandare i giochi.

Poi era finito in malora, arrestato e processato, abbandonato da tutti. I primi a dileguarsi proprio quelli che erano stati beneficiati da “zio Elio”, destinatari di pacchetti da centomila lire e regali di vario genere.

Elio Graziano, che era stato pure il presidente dell’Avellino calcio, è morto in un ospizio, povero e senza amici.

Ora ci sono i processi, le richieste di risarcimento, le polemiche, soprattutto i ricordi. Non ci sono colpevoli, ufficialmente.

Ma tutti erano colpevoli: vedevano, sapevano ma stavano zitti. Per quelle centomila lire che “zio” Elio distribuiva come fossero coriandoli.

Soldi maledetti.

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