Furto al “Moscati”: il business dei farmaci rubati e l’imbarazzante polemica con il Questore

Prevenzione: una parola soltanto per lavorare di più… per lavorare di meno.

Era il concetto tanto caro a Tonino Manganelli, il compianto Capo della Polizia avellinese, prematuramente scomparso e fermo assertore di un concetto assai semplice, trasmesso ai responsabili della sicurezza pubblica sul territorio nazionale.

Fare prevenzione, significa evitare il compimento di reati.

Un lavoro serio, spesso oscuro, ma redditizio per evitare possibili reati e di impegnarssi in indagini che non sempre assicurano il buon fine.

Solo nei film polizieschi americani il risultato di arrestare ladri e malfattori è garantito. Ma quella è finzione, non è cronaca reale.

FURTO DI FARMACI

All’Ospedale Moscati di Avellino c’è stato il furto di farmaci compiuto nei locali dove vengono conservati prodotti di ingente valore.

Secondo una stima non ancora ufficiale, l’ammontare del furto sarebbe di un milione e 300 mila euro.

Una somma non da poco.

Durante un sopralluogo effettuato presso i locali in questione, all’interno e all’interno dell’ampia struttura ospedaliera, il Questore di Avellino ha espresso qualche perplessità circa l’assenza di adeguati sistemi di prevenzione per un evitare tipo di furto – quello dei medicinali – che rappresenta una costante, persso le strutture sanitarie.

Il dottor Luigi Botte, uomo pragmatico e concreto, ha detto – nè più, nè meno – le cose che qualsiasi normale cittadino ha immaginato, venendo a conoscenza delle modalità del furto all’ospedale.

Le stesso cose che Irpiniaoggi aveva evidenziato nell’immediatezza della notizia (CLICCA QUI PER LEGGERE) ipotizzando complicità interne e vigilanza inadeguata.

Persone che s’introducono nel reparto di farmacia da una finestra di piccole dimensioni, vigilantes che non si accorgono dei movimenti di quanti sono dovuti entrare in modo rocambolesco, portare via scatoloni di farmaci, entrare e uscire dal parcheggio e altro ancora.

Possibile?

TRISTEZZA PER FAVORE VA VIA

Rispetto alla sottolineatura del Questore di Avellino, che sicuramente non voleva malignare o ipotizzare complicità di sorta, il direttore generale dell’Azienda ospedaliera «Moscati» di Avellino, Angelo Percopo, ha espresso un sentimento di tristezza.

Ecco cosa ha dichiarato Percopo pubblicamente a tv e giornali: «Le affermazioni del questore mettono tristezza. Questo è un ospedale non un carcere: il questore sostiene che dovremmo aumentare i sistemi di allarme passivo e questo significa allarmare i locali, i reparti, le sale operatorie. È questa è una cosa triste».

Chissà perchè, rispetto alla diagnosi del Questore, il manager ospedalieto ha poi affermato.

«Sono convinto che l’indagine darà i suoi frutti. Tuttavia, alla luce di quanto successo provvederemo a installare le grate alle finestre».

Adesso, dopo il furto?

Una contraddizione evidente: se l’ospedale non è un carcere, perchè solo adesso si decide di instalalre le grate alle finestre?

E la vigilanza?

Ha assicurato Percopo: «Ci sono 270 telecamere, le porte sono allarmate. C’è una guardia giurata all’ingresso e altre che effettuano ronde notturne».

Se il sistema di sorveglianza era perfetto, allora come si spiega questo furto?

Possibile che i ladri siano entrati dalla finestra posteriore, come si faceva una volta per evadere dal carcere calandosi con le lenzuola?

Ma sono cose da medioevo…

BUSINESS DEI FARMACI

Secondo statistiche ufficiali, il 10 per cento degli ospedali italiani ha subìto almeno un furto di farmaci.

Colpite soprattutto le regioni del sud Italia, dove tale media sale notevolmente.

Oltre il 60 per cento dei furti riguarda farmaci tumorali, quelli conservati presso la farmacia dell’ospedale di Avellino.

Ogni anno vengono mediamente commessi furti di medicinali per un ammontare di 20 milioni di euro, quindi quello compiuto al “Moscati” (1,3 milioni) è particolarmente rilevante.

Secondo quanto riportato proprio oggi da “Il Mattino”, sarebbe il clan camorristico dei Licciardi quello più attivo in Italia nel business dei farmaci antitumorali rubati, ma un recente sequestro dei carabinieri nei pressi di piazza Mercato, nel cuore di Napoli, ha fatto ipotizzare che nel redditizio mercato dei medicinali ci sia anche il clan dei Contini.

RAGIONAMENTO SEMPLICE

Rispetto a tali numeri e a un fenomeno che ai manager ospedalieri è sicuramente noto (altrimenti dovrebbero fare un altro mestiere), ci si domanda come mai ci sia stata scarsa prevenzione.

E’ il quesito posto dal Questore facendo venire l’orticaria al direttore generale dell’ospedale.

Come se una banca, dove vengono custoditi milioni di euro, non abbia una cassaforte con la combinazione, nè una telecamera di sorveglianza.

Significherebbe dire ai malviventi: prego, accomodatevi, siete nostri ospiti.

È da almeno dieci anni che la malavita organizzata ha fiutato l’enorme affare,avviando un florido commercio dei medicinali rubati in Italia e poi rivenduti all’estero.

Possibile che nessuno fosse a conoscenza di questo business in espansione, nè immaginasse che poteva succedere pure ad Avellino?

Il furto avvento al “Moscati” è solo il più recente in ordine di tempo.

Anche farmacie di paese, ormai, hanno sistemi di prevenzione per i furti: non hanno vigilantes ma perlomeno una telecamera per dissuadere i malviventi.

VALORE ENORME

I farmaci antitumorali costano tantissimo.

Dal “Moscati” trapela la notizia che l’assicurazione ripagherà il danno ma non è questo il concetto: quei farmaci vanno a finire sul mercato nero, possono provocare gravissimi danni ai pazienti, se non utilizzati correttamente.

Un danno ai destinatari finali, un grave danno economico per il Sistema sanitario nazionale.

Un’azione criminosa odiosa se si pensa che viene commessa nei confronti di chi lotta tra la vita e la morte.

Ogni scatola di farmaci anti tumorali costa dai duemila ai 15mila euro.

Quelli rubati finiscono prevalentemente all’estero, in Germania dove il costo di tali medicinali è superiore mediamente del 30 per cento rispetto all’Italia.

E allora?

Anzichè intristirsi, il direttore generale Percopo bene farebbe a garantire il massimo sostegno agli inquirenti impegnati nelle indagini per risalire agli autori del furto dei medicinali e individuare pure possibili complicità.

L’ospedale sicuramente non è un carcere ma nemmeno deve somigliare a un posto dove tutti possono fare i porci comodi loro.

Non solo i malviventi.

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