Fai-Cisl, Quale futuro per le comunità montane della Campania?

Fai-Cisl, Quale futuro per le comunità montane della Campania?
I boschi rappresentano per noi un patrimonio importante per lo sviluppo economico e sociale. Questo grande patrimonio ambientale, è stato gestito fino a tutto il 2008 da 27 Comunità Montane e dai settori forestazione delle Amministrazioni Provinciali. Con la legge regionale di riordino delle Comun…

Fai-Cisl, Quale futuro per le comunità montane della Campania?

I boschi rappresentano per noi un patrimonio importante per lo sviluppo economico e sociale. Questo grande patrimonio ambientale, è stato gestito fino a tutto il 2008 da 27 Comunità Montane e dai settori forestazione delle Amministrazioni Provinciali. Con la legge regionale di riordino delle Comunità Montane, approvata il 30 settembre 2008, le Comunità Montane in Campania dal 2009 sono state ridotte al numero di 20. Nella Regione Campania, la forestazione ha significato occupazione dei nostri braccianti in zone dove né l’agricoltura ne le altre attività hanno offerto e offrono possibilità di lavoro dipendente Come sindacato, ci siamo battuti perché gli addetti del settore (gli operai idraulici forestali) occupati fino al 2004, per la stragrande maggioranza, a tempo determinato avessero un rapporto di lavoro stabile “a tempo indeterminato”, e questo non solo per migliorare le loro condizioni di vita, ma anche per assicurare interventi costanti e continui in tutto l’arco dell’anno sui territori montani al fine di migliorare ed intensificare la salvaguardia dei boschi, la sistemazione idrogeologica del suolo, l’attività antincendio, la cura delle strade di montagna, il recupero delle risorse del bosco e del sottobosco. Risultato raggiunto con l’applicazione della delibera Regionale n. 6395 del 2001 che ha definito il “percorso di stabilizzazione dei lavoratori forestali”. Con la richiesta di sfoltimento delle comunità montane da parte del Governo, le Regioni potranno decidere di sopprimerle così le comunità montane, cessando così di ricevere risorse dallo Stato. In molti casi le Comunità montane sono da ripensare nelle loro struttura e organizzazione, ma la loro funzione non si può discutere perché svolgono un ruolo fondamentale, soprattutto quando comprendono piccoli o piccolissimi comuni che, in quanto tali, non sarebbero in grado da soli di garantire servizi efficienti ai propri cittadini. Le decisioni del governo nazionale rispetto alle C.M. ed il taglio dei vari fondi per la montagna non sono da noi condivisibili per la ricaduta negativa dei livelli occupazionali. “L’impegno della FAI e di tutto il sindacato è pertanto concentrato tra la distinzione del futuro delle Comunità Montane dal futuro dei lavoratori idraulici forestali per i quali chiediamo con forza il consolidamento ed il perfezionamento del processo di stabilizzazione avviato dal 2004”. Attualmente gli operai forestali campani a tempo indeterminato sono circa 3000, mentre gli OTD sono circa 1000. Registriamo una diminuzione degli OTI (passati dai 3720, trasformati con il processo di stabilizzazione, a 3000) e un aumento degli OTD pur in presenza di una non diminuzione del numero di giornate lavorative. Occorre affrontare in modo prioritario, la verifica e l’accellerazione del processo di stabilizzazione del personale forestale, l’applicazione dei contenuti del Contratto Integrativo Regionale siglato lo scorso luglio 2008, trovare le norme che permettano agli Enti Delegati di corrispondere regolarmente le retribuzioni agli operai idraulici forestali, i quali spesso restano senza salario per 4 – 5 mesi. “La nostra proposta in merito è che l’accredito dei Fondi spettanti anno per anno ad ogni Ente Delegato venga effettuato a saldo delle competenze, entro il mese di marzo di ogni anno”. Il sindacato ha anche dato parere favorevole all’avvio della discussione per la costituzione di un nuovo soggetto sul territorio, che unifichi compiti e funzioni delle Comunità Montane e degli Enti Parco, solo se significa. La forestazione in Campania deve restare nella sfera pubblica e non deve essere minimamente minato il modello costruito con impegno e determinazione dal sindacato regionale sulla stabilizzazione dei rapporti di lavoro e sulla buona occupazione contro la precarietà.

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