Basta con Facebook: l’Asl di Avellino diffida medici e infermieri

Basta con i post su Facebook, con le mail inviate alle redazioni giornalistiche di siti e giornali.

Stop alla diffusione di delibere toccata e fuga, documenti interni, atti riservati e altro.

Niente più interviste per denunciare fatti riguardanti la gestione della sanità in Irpinia.

Un occhio può essere chiuso, magari, per le interviste autocelebrative rilasciate da medici in carriera, possibilmente magnificando i loro “capi”.

I panni sporchi – semmai ve ne siano – vanno lavati in famiglia.

Consiglio disciplina

Guai a mettere in piazza fatti aziendali o a condividere sui social opinioni anche di scienziati sulla linea da utilizzare per combattere il Coronavirus.

Questo il senso dell’ordine categorico e assoluto contenuto in una nota riservata, protocollo numero 2988.

Il direttore generale dell’Asl di Avellino, Maria Morgante, ha scritto a direttori di unità e responsabili delle unità operative e, attraverso loro, a tutto il personale dell’azienda sanitaria locale: chi sarà colto in flagranza verrà punito ai sensi di legge.

Ogni Azienda dispone di un consiglio di disciplina, la cui azione viene paventata da tutti i “capi” ai dipendenti e che per loro rappresenta la panacea ideale.

Due linee di pensiero

L’avviso contenuto nella “riservata” offre due facce della medaglia.

E’ evidente che l’utilizzo dei social network abbia investito anche la professione medica.

Gli iscritti agli ordini professionali possono comunicare anche attraverso i social, seguendo perà in modo rigoroso regole di condotta e deontologiche anche (o soprattutto) sulle pagine Facebook da loro gestite o nelle chat con colleghi e normali cittadini.

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Il mancato rispetto delle regole deontologiche può avere implicazioni nella sfera professionale.

Per quanto riguarda gli infermieri, l’articolo 28 del Codice Deontologico stabilisce che “ci si comporta con decoro, correttezza, rispetto, trasparenza e veridicità; l’infermiere deve tutelare la riservatezza delle persone e degli assistiti ponendo particolare attenzione nel pubblicare dati e immagini che possano ledere i singoli, le istituzioni, il decoro e l’immagine della professione”, mentre l’articolo 29 ribadisce che “l’infermiere, anche attraverso l’utilizzo dei mezzi informatici e dei social media, deve comunicare in modo scientifico ed etico, ricercando il dialogo e il confronto al fine di contribuire a un dibattito costruttivo”.

Se da un lato, dunque, appare giusto vietare l’utilizzo dei social soprattutto durante l’orario di lavoro (medici e infermieri impegnati nelle aree Covid non possono assolutamente portare con sé oggetti personali, in primis telefoni cellulari, per evitare di espandere il contagio), dall’altro non si comprende la necessità di inasprire i rapporti tra l’Asl e il personale sanitario che da oltre un mese lavora instancabilmente sacrificando il tempo e qualche volta anche la vita, anche per mancanza di protezioni.

Appello ai privati

Senza gli accorati appelli di medici e infermieri, nessuna azienda o ditta privata si sarebbe mossa a compassione inviando – direttamente ai medici – materiale che invece doveva essere fornito dalla Direzione Aziendale. O no?

Anziché versare soldi su iban e attendere le lungaggini amministrative, molti privati hanno esaudito le richieste dei sanitari, consegnando personalmente quanto necessario, in modo da rendere tutto più facile e veloce.

Peraltro quegli appelli (che ora non si possono più fare) alle donazioni sono serviti pure a fare quadrare i conti, hanno fatto comodo, insomma.

E’ risaputo che ogni azienda cerca di spendere il meno possibile e il tal caso il manager riceve un premio in percentuale per la buona amministrazione.

Quindi se arriva il materiale da aziende esterne e privati (attraverso l’appello a mezzo Facebook), evitando di acquistare strumentazione e dispositivi di protezione, il bilancio diventa meno pesante.

Avviso ai naviganti

Se non c è nulla da nascondere si rende incomprensibile l’urgenza di una tale circolare di sei pagine fitte di norme e regolamenti, suggerimenti e raccomandazioni.

L’impressione è che non si vogliano fare conoscere all’opinione pubblica le problematiche reali.

Vanno benissimo le interviste di medici per magnificare se stessi (nessuna autorizzazione va chiesta?) o per chi dirige l’azienda.

Assai meno bene vanno le esternazioni che fanno emergere negligenze e problemi, com’è avvenuto ad esempio con la nota dei sanitari dell’ospedale di Ariano Irpino.

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Insomma, se c’è un codice etico interno già valido e operativo (richiamato in questa nota) che senso ha questa nuova missiva?

Per mettere le mani avanti, per la serie: e poi non dite che non ve l’avevamo detto?

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